23 – SOSPETTO

Quando si parla di sospetto in riferimento a Caproni, ci si ricorda di solito di una sua frase celebre (…si fa per dire), quela della stringa e del bicchiere:

“Una poesia dove non si nota nemmeno un bicchiere o una stringa, m’ha sempre messo in sospetto. Non mi è mai piaciuta: non l’ho mai usata nemmeno come lettore. Non perché il bicchiere o la stringa siano importanti in sé, più del cocchio o di altri dorati oggetti: ma appunto perché sono oggetti quotidiani e nostri “.

In questo testo, dalla glacialità sorprendente, tutta la costruzione si regge su pochissimi elementi: il lago, l’acqua; il concetto di “durezza dell’acqua”, che in termini tecnici intende quanto di residuo materiale la componga. Incontreremo altra acqua-materica, acqua-dura, materiale scultoreo (IL MARE COME MATERIALE) alla fine del nostro tragitto.

Qui ne assaporiamo una epifania. Ma a parte questo, che cosa produce il sospetto di essere stato aggredito dalla bestia? Lo spaesamento procurato dalla vista, si direbbe. Vista che diventa silenzio. Silenzio del senso. Pungente come quello dei “morti / che hanno orecchi d’ortiche”. Versi durissimi. Che tolgono il fiato.

“Boccheggiavo, quasi”.

Eppure quali sostantivi incontriamo: …l’acqua di un lago, orecchi, ortiche.
Oggetti quotidiani e nostri. Come le frane, di questi tempi.

  1. Letizia

    Questo blog è una manna per chi (come la sottoscritta), in preda all’indolenza, si allontana temporaneamente dalla lettura in cerca di più “rassicuranti” occupazioni. L’ascolto (mi) riconcilia con la lettura. Le tue sottolineature evidenziano – se ce ne fosse bisogno, davanti a parole così nitide…ma ce n’è sempre bisogno 😉 – che la poesia, quand’è davvero efficace, vive, odora, ha la sua consistenza e il suo respiro: arriva inesorabilmente a destinazione, senza bisogno di complicati strumenti di decodificazione.
    Grazie per lo splendido lavoro.

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