34 – NEL PROTIRO

Al coperto dell’ingresso della cattedrale.

Si noti: non “di una“, ma “della cattedrale”: determinativo, preciso, assoluto o almeno apparentemente assoluto. La cattedrale. Sappiamo bene che per Caproni il linguaggio, la parola, non coglie la rosa, non l’afferra: ma almeno ci prova. Se volessimo trarne una lezione di stile potremmo proporre di prediligere il determinato (o la tensione alla determinazione) alla resa all’indeterminatezza vaga e vacua di troppa poesi(ol)a italiana post-leopardiana. (In Leopardi il vago e il vacuo, se e quando tirati in ballo, hanno fondamenti teorici netti e significati precisi, non sono il qualsiasi). Oh accorati poeti domenicali, approfondite l’argomento (magari addirittura leggendo qualche testo..). Nel 2012 si potrebbe anche fare.

Dal protiro della cattedrale: riparo parziale, provvisorio, al coperto ma non troppo, né dentro né fuori, ancora esposto. Tutto il discorso del testo è detto rimanendo lì, fermo.

Tutto un monte di piombo alle spalle (pesante: e dire che un tempo il peso era quello delle valigie del viaggiatore cerimonioso da spostare nel corridoio del treno).

Solo lo sguardo segue il sentiero (l’ennesimo sentiero verso confini imprecisati, luoghi non giurisdizionali, ennesimo viottolo erboso). Lo sgurado ci prova, da lì, ad andare fin dove può, fin dove non vede.

Quando l’occhio non vede. Proprio in quell’istante la Bestia passa. Stupenda la dislocazione dei due elementi che la ritraggono, scolpiti come fotogrammi rapidissimo, quasi subliminali: “Bionda. // Nera. // Senza lasciare orma.”

Si noti: non “bianca” ma: “bionda”. Intatto tutto un suo alone di fascino e attraenza. La Laura del Petrarca… La Marilyn della Pop Art.

Beatrice, Laura, Angelica, Marilyn, Bestia.

Solo ora – scrivendo – mi accorgo che la scena è ancestrale, iper-letteraria, topica. La vista del passaggio della donna sull’uscio della chiesa nella poetica stilnovista del Duecento!

Gli spiriti fuggono dal corpo attraverso i sospiri, ma… nessuna dolcezza al core. Ci si sente vili. Appare e scompare nell’attimo in cui appare. (Caproni conia altrove un neologismo verbale: asparire).

Come tutto, passa e (quasi) orma non lascia; (…grazie Giacomo, perdonami virgola e parentesi).

Nemmeno il tempo di spianare il fucile… La vita. Che vipera. Nemmeno il tempo… Sempre solo vederla e pensarla da dentro. Da dentro la Bestia. Nel protiro della vita stessa. Sempre solo vederla passare. 

Ora prova. Invano.
Riprova a pregare.

  1. andrea de' martini

    E se fosse il “dilettoso monte”, “principio e cagion di tutta gioia” che Dante non può salire nel Primo dell’Inferno? Del resto l’Io insegue il sentiero che porta in alto per cercare la Bestia…

  2. Pingback: “In perpetua corsa”. | Il Conte di Kevenhüller

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