12 – LA FRANA

Anche se non esisteva la Bestia c’era.

La valenza macrotestuale (quella di un poema narrativo) è in questo tratto ancora evidentissima: ci porta a seguire passo passo le mosse dell’io narrante, composizione dopo composizione.

Eccolo qui uscire dalla tana dell’osteria, dove l’avevamo lasciato quasi del tutto in preda al buio, scisso da un’ultima lama di luce; eccolo ora nuovamente all’esterno, a guardarsi intorno. Il paesaggio oscuro. L’annusa, come una bestia. Linciaggio, alluvione, frana. L’agire umano appare un “ponte” perennemente gettato tra slanci estremi di segno opposto, tra un Flauto Magico a Vienna e un Terrore a Parigi. (Il Flauto Magico di Mozart tornerà ancora, lo ritroveremo più avanti).

Per ora ci basti la visione di ciò che ci circonda: il paesaggio (“in ogni dove).

Che cosa preme così forte? L’effetto è visibile o “annusabile” al buio: la frana dello scenario umano. Il Terrore, la “frana della ragione”: …nostra condizione permanente? (Con allusione ai fatti della Rivoluzione francese e all’esito tragico della stagione dei Lumi). Siamo noi? Accade forse per effetto di altro, come un flagello, come una Bestia che infesta la campagna?

Non stravedeva, il Conte. Illuminatissimo. Il calcolo era il suo forte.
Anche se non esisteva, la Bestia c’era.

Un Commento

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